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Elia aveva deciso essere la sua ultima gara di stagione. Per le sue sessanta primavere aveva deciso di correre una sessanta chilometri sulle montagne vicino a casa. La data era Agosto, anche se temeva il caldo. Il suo fisico, infatti, non era più quello dei giorni migliori. Ma sperava sull’aria fresca una volta salito di quota e sulla sua ancora grande tecnica poi in discesa.

Ci mise molte ore a raggiungere la ‘cima Coppi’ della gara. L’aria, pur salendo, restava pesante, ovattata, calda ed umida. Insopportabile. Come sentiva insopportabile essere tra gli ultimi, se non proprio l’ultimo.

Scollino’ quella che ritenne una delle cime più dure superate nella sua carriera di corridore. Dopo, riprese finalmente quel gesto del correre che nelle ore precedenti non era riuscito a sviluppare. C’era finalmente la discesa!

Sapeva che molti sarebbero scesi come stessero camminando sulle uova. Lui, aveva invece la fortuna di non aver paura, anzi, amava il rischio. Si buttò così, a capofitto giù per sentieri tecnici, scegliendo le linee più ripide, ardue e dando totale fiducia al grip delle sue scarpe.

Era inebriato dall’aria che sentiva fluire tra i lunghi capelli grigi e la folta barba brizzolata. Era eccitato dai continui sorpassi di concorrenti che riusciva a recuperare, veloce, sempre al limite della caduta. Volava. E volavano via così anche i suoi anni, sentendosi più giovane di molti anni ad ogni sorpasso.

Fece a velocità sostenuta, compiacendosene, una discesa veramente dura, poco battuta, con sottobosco molto scivoloso. Sino ad intersecare una carrareccia che tagliava il pendio: ”la prendo per su o per giù?!“. Non c’erano più balise (*).

Si rese subito conto di aver, con ogni probabilità, saltato una deviazione. Tornare indietro e risalire il bosco era impensabile. La stanchezza della giornata cadde improvvisa tutta su di lui, pesantemente. Un macigno. Scelse per “il giù!”

Seppur fosse in discesa, oramai camminava sulla stretta stradina di montagna ciondolando. La mente sì era offuscata. Vuoto. Vuotezza era la sensazione che lo pervadeva. In questo stato non si rese subito conto del rumore che proveniva da dietro. Quando lo percepì si portò in centro alla carrareccia a mani levate.

Il burbero conducente di una vecchia scassata fuoristrada di color verde dovette suo malgrado fermare il suo lento procedere. Non fece in tempo a valutare la situazione che un anziano in pantaloncini corti e canotta dai colori improbabili si era seduto al posto del passeggero. Passeggero che aveva lasciato in alto, sulla radura, a sistemare una diroccata baracca per un possibile ricovero di fortuna. Per lui, l’anziano parlava una lingua incomprensibile, uno di quei complicati dialetti degli italiani. Capì comunque che lo stava ringraziando per avergli salvato la vita e gli chiedeva uno strappo sino alla partenza/arrivo di una gara nel paese di Silviano. Non disse una parola, continuando a fissarlo.

Inserì la marcia, in silenzio, e riprese la lenta e sobbalzante discesa. Quella deviazione non gli ci voleva proprio.

Elia continuava il suo colorito monologo e non smetteva di adulare e ringraziare il suo improvvisato autista-salvatore. I tornanti secchi gli davano noia e sentiva crescere la nausea. O forse, era quell’odore acre che sentiva nell’auto. Era pungente, penetrante, effettivamente era quello che gli faceva montare la nausea sempre più forte.

Finalmente arrivarono a Silviano e venne lasciato proprio sotto il cartello di inizio paese. Elia non fece tempo a rivolgere un’offerta in denaro per il passaggio, che l’auto era già in movimento. Riuscì a malapena a richiudere la portiera.

Dall’alba al tardo pomeriggio, tanto durano le gare di ultrarunning. Ed incamminatosi verso le voci dell’altoparlante, pensava se si meritava di passare comunque sotto lo striscione d’arrivo. Il più del percorso l’aveva fatto, il pettorale ridotto male ne era testimone. Ma forse qualcuno poteva averlo visto fare quell’ultimo tratto in auto. Meglio non rischiare un’infamia che avrebbe sporcato anni e anni di sue presenze in gare, sempre difendendo l’etica e i valori dello sport.

Pensò a quale successiva gara poteva mettere in calendario per sostituire questa ‘andata male’. Perso nei suoi pensieri arrivò a prendere la borsa del cambio ed iniziò a rivestirsi negli spogliatoi della palestra messa a disposizione per i concorrenti. A vedere le borse rimaste era tra gli ultimi due o tre e l’organizzazione stava sbaraccando. Neanche una bibita riuscì ad avere e si incamminò, rivestito con i suoi ‘stracci’ da dopo gara, verso l’auto, stanco, accaldato, con la lingua arsa e la bocca impastata.

Dove sarà il bar più vicino?“. Perso nei suoi bisogni non si accorse che un boscaiolo lo stava additando a quattro persone in divisa. Queste gli si precipitarono addosso, lo ammanettarono e lo invitarono a seguirlo in Commissariato.

Il telegiornale della sera, del canale tv locale, annunciò finalmente l’arresto del bracconiere straniero che da molto tempo imperversava sulla zona di Silviano Alto. Fatale gli è stato passare con la sua vecchia fuoristrada, nessuno si spiegava il perché, proprio nei pressi della cittadina in pieno giorno. Era stato preso in flagranza di reato da una pattuglia in servizio di sicurezza per l’annuale gara di corsa in montagna. Nel bagagliaio dell’auto, infatti, sono stati ritrovati molti freschi ‘trofei di caccia’. E’ stato individuato anche il suo complice, anch’egli da tempo ricercato.  Un boscaiolo li aveva visti insieme in auto proprio quello stesso giorno all’entrata del paese. Quest’ultimo, purtroppo, è morto però d’infarto durante il trasferimento in Commissariato.

Dicono che si muoia due volte. Una volta quando si smette di respirare e una seconda volta, un pò più tardi, quando qualcuno dice il tuo nome per l’ultima volta.

– BANSKY

(*) La “balisa” è un termine ormai acquisito nel mondo del trail running. Deriva dal francese “balise” o “bouée”, che significa “segnale o etichetta”. Da qui, le fettucce marca via diventano delle “balise”.

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