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Mio malgrado, in questi ultimi mesi mi trovo con piacere a fare il cronista.

Cronista, per diletto, di quanto sta succedendo nei luoghi che frequento e che vedono ovviamente coinvolto in prima persona lo schivo e misterioso Zoras.

Chi narra non deve mai scordarsi di raccontare dove si trova con la storia e dunque: teatro di quanto andrò qui a raccontare è la Falesia di Rua con il vicino rione di Lucci. Il borgo (ove vive Zoras e da qualche mese mi sono trasferito anch’io), nonché le Valli e le creste che coronano e circondano questo piccolo microcosmo. E’ tempo, infatti, che si ritrovi ‘la storia’. E’ propio vero: tutte le vite hanno una storia, ma poche vengono scritte. E questa mi sembra giusto raccontarla. (Se vuoi approfondire, qui trovi la Biografia ricostruita di Zoras).

Zoras oramai dovresti conoscerlo dai racconti e dagli scritti precedenti. Sappiamo che le sofferenze e le umiliazioni delle persone lui le lascia sempre in pianura; in montagna si costruisce un mondo tutto suo, un piccolo universo dove muoversi a suo piacimento, puro, anarchico e libero. Sappiamo anche che la sua ‘forza comunicativa’ deriva, per contrasto, appunto dalla difficoltà di incontrarlo, di comunicare con lui, tuttavia, quando questo avviene, accende una scintilla.

Queste scintille hanno dato fuoco ad alcune anime che erano pregne di carburante; il carburante dato dalle utopie, dai desideri e il cui ossigeno (comburente) per accendere questo ardore è stato proprio il confronto- incontro di tutti questi fattori specifici, in questo lembo di terra ‘fuori dal mondo’ e pieno di anime ‘inquiete’.  Difficili al momento da trovare in altri luoghi e contesti.

Va detto che questo mio racconto precede ad una canzone di Francesco Guccini il cui verso mi ha inizialmente ispirato e permesso di cambiare prospettiva: “La verità cercate per terra, da maiali/Tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali.”

Quando sono entrato per la prima volta in questa valle, il mio interesse era, infatti, solo l’arrampicata, la cresta, le vette (già descritte nei miei precedenti racconti). Ero attaccato all’auto e oppresso dall’andare e venire velocemente da casa a qui, dall’attrezzatura, dal tempo contato per realizzare l’uscita.

Basta.

Solo il tempo mi ha aiutato ad invertire gli addendi: dando priorità al tempo, alle emozioni, alla gente che incontravo, ai colori, all’ascoltare il vento. 

“Tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali!” In questa piccola personale ‘rivoluzione’ gli sporadici e quasi sempre fortuiti incontri con Zoras sono stati le scintille.  Scintille che accendevano i miei dubbi su come stavo vivendo questi preziosi momenti. Da cosa erano inquinati per poterne godere appieno? Questi pensieri non erano solo nati dentro di me, ma molte (non tutte) le persone che giravano intorno a questi luoghi, via via, sono state coinvolte da questo tarlo. Anche loro, dunque, hanno modificato le loro
priorità. Hanno valorizzato di più il tempo vissuto, la qualità degli incontri, la profondità delle esperienze.

Non è facile guardarsi da fuori. Vedersi piccole formiche laboriose, indaffarate a lavorare, da mattina a sera, senza guardarsi mai negli occhi, senza accorgersi che le cose stanno regredendo. Perdiamo libertà. 

Oggi come ieri faccio le stesse identiche cose, non sono ancora riuscito a cambiare vita (ci sto provando intanto cambiando il luogo dove vivere), ma almeno ho acquisito consapevolezza di questo. Non sono più un automa, che si comportava così per abitudine. Sono conscio di questa ‘gabbia’, posso e cerco di cambiarla. Piccole cose, una piccola rivoluzione, ma quanto basta per andare alla falesia in bici, a spegnere la televisione (stupratrice di cervelli), a chiacchierare con i miei simili, a guardare il cielo stellato. A piangere…di gioia (da quanto tempo non lo fate?).

Zoras è così, forse da sempre, o forse anche lui ha dovuto ‘lottare’ per esserlo. Chissà? Un giorno glielo chiederò. Ma intanto è lui che mi ha aiutato ad accendere l’incendio della ‘rabbia’, di poter utopicamente vedere, non la terra che cambia in peggio, ma le persone che cambiano in meglio…e quindi poi anche la nostra terra.

Questo ‘virus ‘si è esteso, ha coinvolto altri oltre a me. In questa valle ora si discute di come la società potrebbe cambiare. Di quante cose dovremmo iniziare a rinunciare per riequilibrare nuovamente questo mondo, decisamente troppo sbilanciato sulle cose inutili di cui crediamo di aver bisogno.

In questo luogo ora ci fermiamo ad analizzare queste cose. Abbiamo capito quanto è insignificante e debole il sogno di ottenere tutto.

Si fa anche una cosa molto rivoluzionaria: si legge molto (in particolare la storia).

Pensarci modifica i nostri approcci, siamo altre persone.

Stiamo rinunciando ad avere sempre di più. Viviamo e ci godiamo le passeggiate, le salite, i tramonti…gli abbracci…i baci, le chiacchiere, le risate…gli scherzi.

Questi stanno diventando i momenti migliori da ricordare, quelli che ci riempiono la vita di gioia. Momenti che sprecavamo, con ignoranza, giorno dopo giorno e che ora invece cerchiamo con avidità, molta avidità.

Questa è la superficiale ed incompleta cronaca di quanto si vive, avendone la voglia e la capacità di percepire i cambiamenti, in questo luogo che mi è entrato nell’anima.

E’ la fantastica eredità che lascerà Zoras? Conoscendolo non lascerà nulla di materiale, ma la scintilla non si spegnerà!

Come spesso accade, colui che viene visto come un ‘guru’, un ‘saggio’, non sente e non sa di esserlo. Come fatica anche a comprendere e a vedere quello che sta ‘nascendo’ intorno alla sua figura.

Questo accade per merito di Zoras nella Falesia di Rua con il vicino rione di Lucci.

Per concludere, qui intorno (a lui e al borgo) si è formato un crogiolo di persone ‘diverse’. Ma unite dalla passione per la montagna e anche per tutto quello che ora essa rappresenta ‘idealmente’: libertà, avventura, solidarietà tra di noi, armonia interraziale e sessuale.

Ci si ritrova quasi ogni fine settimana per programmare la Domenica; perché la settimana è stata per tutti i presenti opprimente e solo qui troviamo l’ossigeno (per corpo ed anima) di cui sentiamo un estremo bisogno.

In definitiva si sta creando un gruppo di persone di varie età, sorretto da principi di condivisione, di democrazia nelle decisioni, di solidarietà. Non posso parlare di una comunità o di un gruppo ‘sociale’, perché non cerchiamo questo, l’idea è un’anarchia ‘organizzata’ (certamente una contraddizione in termini, come lo era a suo tempo parlare di una ‘società pirata’). Un compromesso rispetto alla vita reale, una ‘zona di autonomia temporanea’ con principi oramai negati o persi nella ‘società reale’. Forse la nostra è solo voglia di qualcosa che ci è stato tolto, di un’utopia. Non rovesciamo le cose, pur ingiuste che siano, ma piuttosto si tratta di ricavarne il massimo.

Qui stiamo vivendo quella che Zoras chiamerà, molti anni dopo, con ironia, scoprendo cosa gli era nato intorno: ‘Utopia Pirata’ (*)

(*) per approfondimenti: Peter Lamborn Wilson – Le Repubbliche dei pirati – Ed. Shake