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L’Ortles, con i suoi 3905 metri, è la cima più alta dell’Alto Adige e di tutte le Alpi ad oriente del Bernina. Questa maestosa montagna vede la presenza di ghiacciai su tutti i versanti. Numerose sono le vie di salita alla vetta, tutte di grande impegno, sia per il dislivello, sia dal punto di vista tecnico. La via normale, che sale da nord, è la più facile tecnicamente, ma non va sottovalutata.

Non andartene docile in quella notte, i vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno; infuria, infuria, contro il morire della luce.

DYLAN THOMAS

La Via Normale

La via Normale da noi seguita, sale il versante nord, con linea di salita varia: a tratti esposta, con passaggi su roccia di II° / III° (alcuni tratti attrezzati con catena metallica); pericolosa in alcuni punti sul ghiacciaio per via dei seracchi e dei crepacci; nonché per la pendenza (brevi tratti a 40° / 45°). Il continuo abbassamento dei ghiacciai alpini, inoltre, ha colpito anche la via normale dell’Ortles, rendendola più difficile di un tempo. Nel tratto che precede il Bivacco Lombardi, a 3316 mt., il ritiro del ghiaccio ha lasciato scoperta la roccia per circa una decina di metri di III°, da salire coi ramponi ai piedi, od, in alternativa, si può salire più a destra sul ghiacciaio che però è eroso da colate d’acqua che ne rendono l’ascesa, ma in particolare poi la discesa, molto infida. Infine, in caso di cattivo tempo o nebbia (whiteout), la parte alta della via sul plateau, potrebbe divenire pericolosa. 

Il primo giorno siamo saliti al Rif. Payer in canotta e pantaloncini corti, seppur con cielo coperto, a causa della temperatura elevata. La preoccupazione per come avremmo potuto trovare le condizioni del ghiacciaio si sono accentuate quando poi alle ore 18.00, a tremila metri di quota, eravamo all’esterno del Rifugio ancora in maniche corte. Un’ora prima avevamo anche sentito il chiaro rumore di un seracco che si staccava e crollava a valle. La decisione quindi è stata semplice: partire molto presto (sveglia alle 03.30) ed essere, per quanto possibile, rapidi sul ghiacciaio. Ghiacciaio che, seppur in un anno di grande innevamento, mostrava già ad occhio nudo, durante il tramonto dal rifugio, la presenza di  tratti di ghiaccio vivo e molti crepacci aperti.

Il secondo giorno siamo partiti dal Rif. Payer verso le 04.30 con il ‘classico’ abbigliamento da alta montagna che via via ci siamo tolti e riposto nello zaino per il troppo caldo. I passaggi su roccia, aiutati dal buio, ci risultavano esposti ma con limitate preoccupazioni. Via via però che l’alba portava la luce, l’esposizione e i pericoli oggettivi mi si presentavano più adrenalinici, costringendoci ad avere movimenti precisi e l’attenzione sempre al massimo della concentrazione. Verso la fine della cresta abbiamo optato per legarci in conserva stretta (alcuni tratti vedono la presenza di fittoni privi della catena che probabilmente un tempo li collegava/assicurava). Dopo la discesa di una parete liscia ma ben attrezzata, ci siamo trovati sul ghiacciaio ad ammirare, sopra di noi, grandi seracchi incombenti proprio sulla traccia che dovevamo percorrere. Un pensiero ai tragici eventi della Marmolada mi è venuto…

Legati, abbiamo iniziato la salita con l’alba che illuminava la calotta sommitale. La Eisrinne, dominata dai seracchi, è divenuta un punto piuttosto pericoloso che ci ha indotto a percorrerla alquanto in fretta. Il tratto che deposita sulla zona del Bivacco l’abbiamo percorso parte sulle rocce di sx, parte sul ghiaccio e neve percorso da una cascatella d’acqua (che scorreva abbondante già a quell’ora!). Subito dopo abbiamo iniziato ad avvicinarci alla ripida zona dei crepacci che anticipa il plateau finale. A seconda dell’innevamento si possono presentare problemi per attraversare, su ponti di neve, i crepacci più larghi. Ad una quota di circa 3600 mt, i pendii si fanno più dolci e compiendo un ampio giro a semicerchio verso sinistra, sempre su ghiacciaio, si arriva comodamente sulla vetta. La cima era a portata di mano. Alle 7.45 abbiamo goduto del panorama dalla cima più alta dell’Alto Adige, appena in tempo, prima che il vento e l’umidità cominciassero a coprirla.

Ripresa la discesa, fuggendo dalle nubi che via via si facevano più consistenti e basse, siamo scesi ed usciti dal ghiacciaio ancora in un orario che ritenevamo ‘sicuro’, sia per la tenuta dei ponti di neve che coprivano alcuni crepacci, sia per i seracchi presenti.  Scendere il tratto della Eisrinne mi ha dato qualche leggero problema perché i molti passaggi di giornata avevano consumato la poca neve presente sulla cascatella d’acqua, dovendo così usare le punte dei ramponi per la breve discesa su ghiaccio vivo (la discesa su roccia mi è sembrata più pericolosa e non era mia intenzione fermarci lì per attrezzare una discesa in corda doppia). Ma non ci potevamo ancora rilassare: avevamo ancora da percorrere a ritroso la lunga cresta in roccia che riproponeva alcuni passaggi delicati superati la mattina. Per superare più agevolmente uno di questi passaggi abbiamo optato, insieme ad altri, per una discesa in corda doppia di una decina di metri.

Una via alpinistica

Sarà perché non è la prima cima che salgo nella Vallata di Solda, ma ho apprezzato meno la meta finale rispetto alla via di salita. La via di salita è stata adrenalinica; non permette di rilassarsi e la concentrazione è sempre alta. Una linea di salita che mi ha entusiasmato (oltre che sfiancato), che mi ha emozionato, che mi ha fatto adorare le 6 ore intense passate in attività e di cui ora sento la mancanza. Rispetto alla mia esperienza sulla Malinche (LINK), qui ho potuto ‘forzare’ la mia andatura…come piace a me. Nello scrivere queste poche righe mi rendo conto che per me è stato veramente un gran bel ‘viaggio’!

Ecco alcuni dettagli sulla salita:

·         Punto di partenza: Solda (1861 m) nella Valle di Solda.

·         Versante di salita: Nord.

·         Dislivello di salita dal Rif. Payer (considerando i vari sali-scendi): 1150 metri circa.

·         Tempo di salita: salita 3h15 / discesa 2h45

·         Difficoltà: EEA – AG – III° – PD+ (scala difficoltà).

·         Accesso: Si parte da Solda, risalendo il sentiero N.4 attraverso un bosco di pini cembri fino alle morene glaciali della Vedretta del Marlet. Si supera un pendio con zig-zag e si raggiunge il Rifugio Tabaretta (2556 mt.). Oltre il rifugio, il sentiero continua verso nord, attraversando un pendio ghiaioso e poi un tratto ripido in un canalino fino alla sella Forcella dell’Orso (2871 mt.), sulla cresta della Tabaretta. Si continua verso sud sino al Rifugio Payer (3029 mt.).

Ecco alcuni dettagli sulla nostra attrezzatura:

– per quanto concerne l’abbigliamento, lascio a te la scelta dei capi in base alle previsioni meteo (noi come hai letto abbiamo trovato temperature elevate) e alle tue abitudini (io sudo particolarmente molto); abbiamo cercato di avere materiali ed attrezzatura leggera.

·         Zaino da alpinismo (leggero e funzionale)

·         Corda da ghiacciaio (da 8 mm – 48 mt)

·         Scarponi da alpinismo (con buone tenuta su roccia)

·         Ramponi semi automatici

·         Piccozza (52 cm)

·         Caschetto

·         Lampada frontale

·         Occhiali da Ghiacciaio (*)

·         Protettivo solare (*)

·         Sacco letto

·         Ciabatte (non servono, puoi usare quelle fornite dal rifugio)

·         Imbrago

·         Longe (per assicurarsi sulla catena nei passaggi di roccia)

·         Due rinvii (usato uno)

·         Due chiodi da ghiaccio (non usati, potrebbero però servire nel tratto della cascatella d’acqua – Eisrinne- o in stagione più avanzata)

·         Una placchetta multiuso (per la discesa in doppia)

·         Due moschettoni a ghiera

·         Un cordino per prusik (sulla corda in ghiacciaio)

·         Un moschettone a ghiera da ghiacciaio (per collegamento corda-imbrago)

(*) anche se sembra che il cielo sia coperto o non ci sia il sole, usali!!

Ricorda che l’ascensione all’Ortles richiede tempo sicuro e attenzione, soprattutto a causa dei cambiamenti nei ghiacciai. Buona scalata!

Alcuni bei momenti