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Conosco amici che ogni anno festeggiano il compleanno, l’anno che si aggiunge, con una corsa di pari chilometraggio: 56 anni = 56 km. Questo può essere interessante per un runner, ma per un alpinista? Perché non festeggiare l’aumento dell’età con l’aumento di quota raggiunta? Così, per me, diventa: 56 anni = 5636 metri di altezza.

Il Pico de Orizaba mt. 5.636

Il Pico de Orizaba è un vulcano ed è la montagna più alta in Messico e la terza vetta più alta dell’America settentrionale. E’ ubicato nella parte orientale della catena montuosa dell’Eje Volcánico Transversal, sul confine degli stati federali di Veracruz e Puebla. Il vulcano è attualmente inattivo, ma non è estinto; le ultime eruzioni si sono verificate nel 1687. È il secondo picco vulcanico più importante al mondo dopo il Kilimanjaro in Africa. Il Pico de Orizaba è classificato 7 ° nel mondo come prominenza topografica. Il picco è uno dei tre vulcani messicani con neve e ghiaccio permanente. La vetta e le sue colline circostanti fanno parte di un parco nazionale.

La mia esperienza

Non sempre tutto è un successo, a volte ci si ritira. Ma quando succede puoi imparare e scoprire degli aspetti di te che non conoscevi. Per questo su questo blog invito continuamente a provare sempre esperienze nuove.

Fai tutti i giorni una cosa che ti spaventi.

ELEONOR ROOSEVELT

Nella mia bucketlist c’era giusto anche il desiderio di provare a salire una cima di 5.000/6.000 mt. Ho scelto il Pico de Orizaba in Messico perché, trovandosi in un’altitudine mediana (mt. 5.636), è una vetta poco frequentata (rispetto alle altre alternative che valutavo es. Kilimanjaro), è logisticamente più semplice e dai costi contenuti.

Una delle leggende sul Pico, vuole che nell’antichità vivesse un grande guerriero di nome Nahuani (o Navalny) accompagnato sempre dal suo fedele amico Ahuilizapan (Orizaba): un bellissimo falco. Quando Nahuani morì in battaglia Ahulizapan volò in cielo per precipitare. Dove cadde il suo corpo si formò un vulcano: il Pico de Orizaba. 

Fatta la scelta, ho pianificato l’ascesa con una guida locale. Accompagnato da mio figlio.

È stato previsto un breve acclimatamento (non disponevo purtroppo di molti giorni) prima con delle passeggiate intorno a quota 3.000/3.600 mt. e dopo con la salita de La Malinche a 4.420 mt. 

La Malinche mt. 4.420

Molto bello ed acclimatante è il tratto iniziale del percorso, che successivamente si inerpica sotto la vetta e permette così di ‘fare fiato’ in quota. Un itinerario molto piacevole e dalle giuste difficoltà. 

Le previsioni meteo non erano buone. Iniziamo a camminare da 3000 mt di altitudine e mi sento subito un ubriaco. La vista non è perfetta, cammino concentrandomi sui passi e sul respiro. Dopo 400 mt. di dislivello tutti i ‘parametri’ però sembrano tornare normali ed inizio a godermi il luogo e la salita. Trovo molti tratti di percorso simili a quelli di casa, al punto che mi viene voglia di percorrerli col passo che in quei luoghi abituali uso di solito, ma solo a provarci sento il cuore e i polmoni che mi gridano : “Weh! Pirla, che fai!!”. Così riprendo il passo muy despacito necessario per muoversi a queste quote, con così poco acclimatamento.

(Quello che vedo, sono tratti che a casa faccio in 3/3,30 ore, mentre qui questi richiedono 7/8.00 ore; per me psicologicamente impegnativo.) 

Non voglio tediarti di più, siamo saliti e discesi nei tempi che aveva previsto la Guida Alfredo. Nella giornata ho mangiato tutto quello che avevo nello zaino (non succede quasi mai) e bevuto più di 2 litri di acqua per 1400 mt. di dislivello, sino a quota 4.420 mt. della cumbre.

Il tempo è stato clemente, poco vento, temperatura molto gradevole e neve soffice che ha aiutato nella salita (non abbiamo usato i ramponi).

Solo arrivati all’auto ha iniziato a piovere e La Malinche era tutta circondata da nuvoloni neri. Ha proprio voluto lasciarci salire, grazie!

Ora, dopo una doccia calda, sono sotto le coperte in attesa di una lauta cena, pensando a come cavolo riuscirò a fare la prossima?!?!? Considerato che questa salita mi ha abbastanza prosciugato e che quella sull’Orizaba sarà più difficile, con uguale dislivello (1400 mt.) ma partendo da una quota di circa 1000 mt. superiore (4.274 mt.). Ce la faremo?!

Il Pico – Base Camp mt. 4.274

Di questa salita non debbo scrivere molto.

Durante la notte precedente alla salita, al bivacco a 4.274 mt., ho avuto il mal di montagna che, dopo un tentativo di gestione in loco da parte di Alfredo, mi ha costretto a perdere velocemente quota con una Jeep ed abbandonare la via verso la vetta .

Avevo saturazione all’82% e battiti a 110 a riposo; tremori, bocca sempre secca, respirazione forzata, mal di testa, vomito e poi più tardi anche diarrea. Sentire però che ti ‘manca l’aria’ è la sensazione più ansiogena, angosciante.

Non sempre tutto è un successo, a volte ci si ritira.

EPOREX

Cos’ho imparato? 

Che, per una persona che non ha molte occasioni di acclimatarsi prima del viaggio, servono almeno 10 giorni di tour di acclimatamento (i miei 4 giorni sono stati veramente pochi).

Che sono abituato a ‘lottare’ con il vento, con il freddo, con le difficoltà del percorso, con i forti dislivelli, ma la quota è stato un elemento in più che non sono riuscito a gestire. La sentivo come una forza di gravità che mi appesantiva e mi teneva bloccato a terra. Era una fatica/stanchezza nuova che non avevo mai provato prima…l’esperienza che volevo provare. Appunto!

Un’altra cosa con cui ho fatto i conti è la lentezza del progredire. Dopo una vita di corse, di fast&light, di concatenamenti e tour in velocità, il dover progredire lentamente trovo sia qualcosa che ancora non mi appartiene. Questo progredire, necessariamente lento, è stato troppo lento, mi ha sfiancato psicologicamente; i miei continui stop&go erano sbagliati, oltre che sfiancanti, e mi portavano a perdere energie utilissime invece di permettermi di capire come doveva essere la giusta progressione in alta montagna.

Nessuno è riuscito a salire in vetta. Oltre a noi c’erano altre cordate, ma le condizioni meteo (fortissimo gelo in quota oltre i 5.000 mt.) le hanno costrette a ritirarsi.

Questa è un’altra cosa che avevo sottovalutato: quando parti per le altissime cime, l’arrivo in vetta non è per nulla scontato. Tu puoi esserti allenato tantissimo, puoi avere i migliori materiali, aver anche fatto un ottimale acclimatamento, ma se le condizioni della montagna non sono favorevoli, tutto cade come un castello di carte. 

L’alpinismo d’alta quota pertanto non fa per me. La preparazione è importante e non garantisce il successo. Sento che a questa attività non posso dedicare così tanto tempo, sottraendolo ad altre attività ed esperienze. Questa avventura mi ha dato sofferenza, così come ho avuto la possibilità di affrontarla io in questo viaggio.

Ma come dico sempre, se prima non provi non puoi saperlo.

E’ stata la mia prima esperienza nell’affrontare una cima d’alta quota (mt. 5.636), lo si vede dagli errori fatti, ma sono comunque felicissimo di aver avuto la possibilità sperimentarla!

Vuoi provarci?

Di seguito ti dò i riferimenti per contattare la Guida che mi ha permesso di affrontare in totale sicurezza, con i tempi che disponevo, questa avventura: sei in ottime mani!

Guía de Montaña Alfredo Perea Alcalà (certification international UIAGM en proceso) : aa.perea@hotmail.com (mobile +52 55 1824 6719)

Infine alcuni aspetti che mi hanno aiutato (che uso spesso) a restare motivato:

  • la felicità: penso sia necessaria e trova una forma reale, quasi tattile, se condivisa; parto sempre quindi con amici o meglio con gli affetti più cari.
  • la bucket list: trovo sia veramente utile per buttarci nelle avventure/esperienze; vedere la lista dei desideri che ammuffisce è un grande stimolo per mettersi subito in azione.
  • memento mori: questo ‘concetto’ trovo sia utile per essere consapevole dei giorni che passano inesorabilmente, sempre più vicini al saluto a questo mondo; concentrandomi così a viverli tutti intensamente. 
    ….poi, se visiti un paese con l’importante festa del Dia de los Muertos!… (vedi storia su Instagram DocuStorie: LINK)