4

Non sapevo se ci voleva coraggio a provare, per la prima volta, ad entrare da ‘speleologo’ in una grotta non turistica. Io mi sono solo lasciato coinvolgere da un’amica bolzanina. Come faccio sempre, io ‘mi ci butto’; solo più tardi è arrivata l’ansia dei luoghi angusti, stretti, bassi, bui e magari con la presenza della mia cara ‘nemica’ acqua…

Un po’ di storia ‘speleologica’

Il termine SPELEOLOGIA, coniato alla fine del secolo scorso dal francese Eduard Alfred Martel, deriva dal greco speleaion = grotta o caverna e logos = scienza, quindi la speleologia è la scienza che studia le grotte. L’uomo primitivo usava la grotta quale luogo di rifugio, poi nella cultura antica questa fu considerata come la parte negativa dell’aldilà in terra. Ma la curiosità, a cui si aggiungono le motivazioni naturalistiche e scientifiche, portarono da sempre l’uomo ad avventurarcisi. 

Grazie ad alcuni studiosi italiani e grazie forse al fenomeno carsico molto comune nelle nostre zone, il XVI secolo segna la nascita vera e propria della speleologia. Lo spirito illuministico del ‘700 porta a considerare le grotte con mentalità scientifica e prepara le fondamenta per l’esplosione della ricerca che avverrà poco più avanti. 

La tecnica esplorativa progressivamente si evolve: alle pesanti ed ingombranti scale di corda del periodo prebellico si sostituiscono quelle con cavi in acciaio più sottili e stretti pioli in leghe leggere. Il progresso tecnologico permette anche, via via, di abbandonare le squadre di appoggio che aspettavano la squadra di punta alla sommità dei pozzi (per permettere la risalita in sicurezza, con corda recuperata dall’alto), con attese di 20-30 o anche 50 ore su piccoli terrazzi magari bagnati e sicuramente freddi, soprattutto considerando l’abbigliamento tecnico dell’epoca (maglioni di lana e tute di cotone).

Per una vera e propria rivoluzione nella speleologia si deve però attendere la nascita delle tecniche di progressione su sola corda, alla fine degli anni ’70. Questo nuovo modo di fare speleologia, con piccoli gruppi autonomi e pesi infinitamente minori da trasportare, porta all’esplorazione di abissi sempre più profondi in ogni parte d’Italia ed Europa e, contemporaneamente, porta a un’ evoluzione del modo di pensare degli speleologi e alla nascita della moderna Speleologia italiana, basata sulla collaborazione, sullo studio sistematico dei problemi, sullo sviluppo di nuove tecniche e materiali e sulla formazione continua degli speleologi. 

“Con l’andare in grotta affronti poi il quotidiano sapendo che ha sempre anche un lato oscuro, un lato inesplorato. Comprendi che le aspettative e le prospettive possono essere diverse e cambiare. Sono esperienze che segnano il modo di vivere di tutti i giorni.”

zoras
Dall’entrata al sifone

La mia Esperienza

Ritrovo a Sporminore (Val di Non – TN). In breve siamo all’imbocco del Bus de la Spia.

Una breve spiegazione e delucidazione su come comportarsi (soprattutto nel rispetto delle conformazioni della grotta stessa e dei molti pipistrelli in letargo) e ci si infila subito in un buco via via stretto che scende nel buio.

Una ‘cosa’ che ho subito ‘sentito’ è stato il buio. Qualcosa di considerato sempre di poco valore (se non addirittura negativo) ma che in questa esperienza è stato costantemente presente. Per fortuna è una presenza con cui ho già fatto conoscenza per le mie scorribande notturne con gli sci e che oramai apprezzo.

Ho compreso che la speleologia si occupa di un mondo sconosciuto, retrivo, schivo, costantemente nascosto e tuttavia costantemente scoperto. Quest’ultima è stata infatti un’altra sensazione qui vissuta: quella di scoprire, ad ogni movimento del fascio di luce, un lembo di grotta che subito dopo spariva per essere nuovamente riscoperto quando il fascio di luce ci ritornava; un gioco che poteva andare avanti all’infinito senza stancarmi. La cavità esisteva sono nel momento in cui la illuminavo!

Anche qui, come in arrampicata, l’importanza del compagno, della sua profonda conoscenza, del feeling che si deve instaurare è indispensabile affinché l’avventura sia divertente e non pericolosa (ricordo comunque che in montagna non esiste il rischio ‘zero’). Gli speleologi sono spesso anche alpinisti, sciatori, canyonisti, escursionisti, arrampicatori ed a volte anche subacquei. 

Un’altra cosa che ho capito, è che la morfologia di una grotta è dettata dal vuoto. Anziché il ‘pieno’ di una montagna, che mi serve per scalare, qui è il vuoto (le ‘stanze’) che si cercano. Qui, per progredire hai necessità del vuoto, non del pieno. Hai bisogno che un cunicolo, un meandro stretto, si allarghi, si trasformi in una ‘stanza’ che ti permetta di stare seduto, magari in piedi (magari!).

Qualcos’altro che si perde in grotta oltre allo spazio pieno e alla luce? 

Si, il tempo!

L’andare in grotta è un’attività lenta, il tempo in grotta è senza orologio, richiede pazienza. Richiede di trovare soluzioni per progredire; mi ha richiesto la calma per respirare senza sentirmi oppresso dai cunicoli, mi ha richiesto pazientemente di trovare soluzioni per strisciare tentando di sporcarmi, o meglio, bagnarmi il meno possibile (magari!).

Bus de la Spia

Visto che ogni grotta è diversa e particolare, la caratteristica di questa, oltre ai piccoli laghi e alle imponenti stalattiti, è il sifone finale.

Il vero e proprio mistero di questa cavità, dopo 300 metri dall’imbocco e circa 60 metri di discesa, è il sifone che si para difronte e che si innesca in determinati momenti della giornata, facendo salire e scendere l’acqua di parecchi metri (circa 12 metri), riempendo completamente la cavità in cui sale.

Assistere al fenomeno è stato a dir poco emozionante!!

Ignaro della situazione, siamo scesi sino a lambire l’acqua e alla conseguente impossibilità di proseguire. Dopo qualche minuto però l’acqua ha iniziato a gonfiarsi e a salire rapidamente. Dal risalire dell’acqua, l’aria incastrata negli anfratti ha iniziato a gorgogliare e la cavità ha iniziato così a ‘muggire’. Rapidamente ci ha spinti a risalire per una decina di metri, mentre sotto di noi, quello che era il livello di acqua insuperabile si era notevolmente alzato riempendo completamente la cavità in cui eravamo solo pochi minuti prima. E’ stato incredibile quello a cui stavo assistendo! (Il motivo di questo salire e scendere dell’acqua è ancora sconosciuto ed inspiegato. Ma questo mi ha reso l’esperienza ancor più emozionante.)

Questa grotta è viva … nel vero senso della parola!

Quindi sintetizzo: è stata un’esperienza entusiasmante, senza dubbio faticosa, ma ad ogni tunnel superato, ad ogni anfratto aggirato, la curiosità e la voglia di proseguire aumentava (bisogna però dosare le forze perché si deve anche rifare il percorso a ritroso per uscire).

Ovviamente in questa mia prima esperienza non sono mai stato solo. Due esperti speleologi mi hanno seguito passo passo, aiutandomi nei tratti più difficili oltre che spiegandomi cosa vedevo. Loro sono il Gruppo Grotte Bronzolo (BZ).

Pipistrello in letargo sulla foto in basso a destra