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Devo liberarmi del tempo e vivere il presente giacchè non esiste altro tempo che questo meraviglioso istante.

ALDA MERINI

Introduzione

Il filo conduttore delle mie ultime avventure è ‘il viaggio’. Non inteso come spazio o luogo, ma come tempo; tempo compresso, intenso, ‘isolato’, nel quale mi immergo dentro me stesso, dentro all’avventura, dentro alle emozioni, dentro alla fatica, dentro a ‘pachamama‘. Me encanta sentirmi come risucchiato in un ‘buco nero’ denso di emozioni, di tensione, di concentrazione, di fervore, di dinamismo, dal quale poi esco rigenerato. Sono sempre stato incline al buddhismo ed in questi ‘stati’ ritrovo un mio personale modo di meditare. Per questo spesso vado da solo o con compagni propensi al silenzio, come lo sono io.

Atto primo

Da Vallesinella, il sentiero verso il rifugio Casinei e poi verso il rifugio Tuckett e Sella si dispiega con le nostre menti ancora annebbiate.

E’ l’alba, fa caldo, il cielo è coperto. L’avviso della presenza dell’orso non ci spaventa. Siamo consci di come comportarci.

Arrivati al Tuckett, prendo un caffè, gesto che mi aiuta a segnare l’inizio di una giornata e a fare pace con questo rifugio (*). Subito riprendiamo la via per la Bocca del Tuckett. Nella parte finale, la Vedretta di Brenta Inferiore, presenta ancora neve. La risaliamo con il solo aiuto di una piccozza di sicurezza; gli scarponi incidono bene sulla neve che non ha avuto il rigelo notturno. Peccato, così facendo, le abbondanti nevicate di quest’anno non serviranno ad incrementare lo spessore dei sofferenti ghiacciai. Sforzo profuso dalla natura ma non portato sino al suo corretto termine.

In questo tratto veniamo superati da una forte giovane coppia bolzanina con poco dietro due giovani ragazzi a cui fanno assistenza (Carlotte & friends). Questi, giunti sulla forcella, avendo necessità di una pausa ristoratrice più lunga, ci permettono di partire prima. Sembra che l’itinerario che vogliamo percorrere sia comune e che il dubbio sia solo l’indispensabile tenuta del meteo.

Saliamo in solitario silenzio la ferrata che aggiunge, al nostro ‘altare’ del dislivello, ancora alcune centinaia di metri prima di trovarci sotto alla Cima di Brenta ed iniziare così la classica attraversata delle Bocchette Alte.

Cenge, panorami, creste e le famose scale, ne fanno una meta per moltissime persone. Un breve canale vede la presenza di ancora molta neve e la corda della ferrata in essa sepolta. Vista la traccia non ben segnata, superiamo il traverso dopo esserci legati con una corda ed aiutato dalla piccozza creo un percorso per i piedi ben segnato, a favorire chi ci segue.

Atto secondo

Verso la fine delle Bocchette Alte iniziamo ad incrociare alcuni gruppi partiti dal rifugio Alimonta (e come spesso accade, si fanno incontri che mai avresti immaginato). I Carlotta & friends allegramente ci tallonano.

Al bivio per le Bocchette Centrali, il tempo che si era aperto torna a chiudersi. L’umidità che sale da sud, dal lago di Molveno visibile ai nostri piedi, incontrando l’aria fredda del versante nord condensa formando le caratteristiche nubi estive. Per ora nulla di preoccupante. Si prosegue.

Dopo la Bocchetta Bassa dei Massodi, vediamo di fronte a noi la traccia che risale la Vedretta dei Sfulmini e che porta alle Bocchette Centrali. I ramponi nello zaino ci danno la tranquillità che non potrà essere un problema. Anzi, ci divertiamo a salire quello che oramai, vista l’ora, è neve fradicia.

Percorrere le Bocchette Centrali è sempre uno spettacolo. Le cenge sono pulpiti sul vuoto intagliate in pareti aggettanti. Girare intorno al Campanil Basso è emozione pura, soprattutto guardando in alto e ripensando alle gesta di Paul Preuss, che il giovane bolzanino alle mie spalle illustra ai due ragazzi. E’ bello ascoltarlo e scambiarci impressioni e idee per nuove avventure.

Entrambi finiamo l’acqua (io con me ne avevo due litri). Alla fine delle Bocchette Centrali però una fontanella che sgorga dalla parete è provvidenziale. Le ultime cenge e gli ultimi scalini ci depongono sulla Bocca di Brenta. Ora solo discesa sino al rifugio Brentei, dove mi rifocillo un po’ adeguandomi alle pause dei nostri nuovi amici. Carlotta è una persona solare, estroversa e molto accogliente con le persone con cui sente di avere del feeling. Da molto tempo non facevo incontri così aperti e di sana socialità; sono stati un’altra ciliegina su questo splendido ‘viaggio’. Purtroppo loro si fermano qui.

Atto terzo

Qui a malincuore ci separiamo. Questi miei ‘lunghi’ giri, questi ‘pellegrinaggi’ che almeno una volta all’anno sento di aver il desiderio e la necessità di fare, hanno oramai consolidato uno standard: 13 ore intense di ‘viaggio’.

Non possiamo quindi chiudere la giornata qui, è troppo presto. Le nubi si sono diradate. Le ore più calde della giornata sono andate ed il tempo ha tenuto. Ora i pericoli grossi di temporale vengono meno e noi così iniziamo la salita verso il rifugio Alimonta.

A metà della salita prendiamo la via delle Bocchette SOSAT. Sono una degna chiusura a questo giro. Ancora qualche cengia, ovviamente ancora salita, ancora sentieri aerei. Vorremmo restare in queste atmosfere ancora un po’, ma un’ultima scala ci depone in breve al rifugio Tuckett.

La giornata non è stata calda, ma sin qui ho bevuto tre litri d’acqua; fortunatamente rimpinguata anche su questo tratto attraverso alcuni rivoli di acqua da fusione.

Al rifugio salutiamo alcuni gruppi incrociati sulle Bocchette Alte e ci dirigiamo baldanzosi (sinonimo di stanchi) verso gli ultimi tornanti, percorsi la mattina presto, per giungere in 13 ore spaccate all’auto.

Questo identico giro l’avevo fatto in gioventù, con chi diverrà poi la mia compagna di vita ed un’altra coppia di amici. Avevamo zaini molto più pesanti di quelli di oggi perché l’avevamo programmato in tre giorni, con tenda e tutto il necessario al seguito, senza appoggiarci ai rifugi: 1 – Vallesinella/Tuckett 2- Bocchette Alte/Bocchette Centrali/Brentei 3- Brentei/SOSAT/Tuckett/Vallesinella. Al Tuckett mancavo da quel terzo giorno. Perché, ‘fortunatamente’ solo al terzo giorno, entrato a bere un caffè (questo brutto vizio…) mi rubarono lo zaino con tutto il contenuto (*). Scesi alleggerito dal molto peso, alleggerito nel portafoglio (a quell’età fu un gran danno…), alleggerito nell’autostima e nella fiducia del prossimo in montagna (molto grave)…non ci tornai più sino ad oggi. Oggi ho fatto pace con lui, con questo luogo e con me stesso.

Informazioni rapide

Rispetto ai miei articoli, questo l’ho voluto più raccontato che descrittivo. Come avrai capito, anni fa, ci ho lasciato parte delle emozioni positive di una bella avventura tra amici. Dovevo riviverle, descriverle, purificarmi. Leggendolo, comunque, trovi tutte le informazioni utili per organizzarlo, in uno o più giorni. Aggiungo solo che sono stati circa mt. 2.250 di dislivello positivo.

Ora hai tutto per pensarlo e pianificarlo, adattandolo a quello che tu cerchi. Per vivere in presa diretta quanto racconto, che è la parte più bella!