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Quando la gara si avvicina, per Lisa il tempo è sempre pochissimo!

L’unica maniera che ha per abbassare la tensione è quella di allenarsi e correre anche in pausa pranzo. Il suo desiderio è poter arrivare, almeno, nelle condizioni di portare a termine quell’ultra trail a cui si è iscritta.

Fortunatamente il lavoro le permette un po’ di flessibilità. Così, dopo già quattro giorni in cui salta completamente il pranzo per andare a correre, si appresta ad inanellarne anche un quinto. Questi allenamenti sono entrati nella sua attuale routine, un’abitudine vitale.

Questo Venerdì Lisa riesce anche a ‘rubare’ 15 minuti in più per la pausa pranzo, che dedica a cambiarsi in anticipo rispetto al solito -“Tanto poi li recupero stasera”- ed uscire a correre alle 13.30 in punto, inizio del tempo riservato al pranzo per la maggior parte di tutti gli altri impiegati. 

Deve percorrere qualche centinaio di metri sulla trafficata strada provinciale, prima di potersi buttare sui sentieri delle colline circostanti. Oramai il giro è consolidato: 50′ precisi; il tempo sufficiente per poi arrivare in ufficio, asciugarsi, passare il suo corpo sodo con delle salviette umidificate e profumarsi velocemente. Infine,  rivestirsi ed essere pronta per tornare ad inserire lunghe pagine di dati a computer. Avrebbe preferito di gran lunga un lavoro a contatto con il pubblico, ma guarda il lato positivo: le sarebbero state difficili quelle ‘pazzie’ e quelle ‘puzze’ di metà giornata.

Lisa sta chiudendo con un’andatura efficiente anche il giro di oggi. 

Per rientrare sulla provinciale il percorso attraversa una rete spinata che delimita due proprietà. Qui Lisa vede qualcosa di inconsueto rispetto ai giorni passati. Più si avvicinava, più quella cosa agganciata alla rete prende forma: è un grande uccello nero. 

L’uccello, immobile, guarda Lisa avvicinarsi. Lisa nota che un’ala è infilzata dal filo spinato, mentre l’altra è riuscita a passare oltre. La testa si trova a mezza via. Lo sguardo dell’animale è severo e fermo. Lisa intuisce che probabilmente in picchiata, magari verso un pezzo di cibo, l’uccello non ha chiuso per tempo entrambe le ali per passare tra i fili spinati, rimanendo incastrato ad uno di essi. Non sembra essere complicata la procedura per liberarlo. E non è neanche importante che lui collabori, basta che la lasci fare, senza tentare di beccarla o graffiarla con gli artigli.

Lisa prende coraggio. 

Con una mano cerca di allargare la rete, con l’altra è pronta a liberare l’ala dall’infernale uncino di ferro. Lisa osserva l’animale, che la guarda severo, ma senza muovere un solo muscolo. Rapida sgancia l’ala. In un attimo, non se ne rende neanche conto, l’uccello è già in volo, in alto. Tutto è avvenuto troppo velocemente. Appena sentitosi libero, all’uccello è bastata una spinta con le zampe ed un battito d’ali per essere già lontano.

Un sentimento di appagamento, di gioia, di completezza invade Lisa. È felice di quanto ha fatto, radiosa. Si rimette le cuffiette, aumenta il volume della musica ed anche la cadenza della corsa per recuperare il tempo perduto. Le sarebbe piaciuto godersi maggiormente gli ultimi minuti di corsa ma l’aver aiutato quell’animale l’ha appagata più del sudore e della fatica che ama sentirsi addosso. Si concentra sulla strada, basta distrazioni, ma intanto vaga con la mente e le tornano alla memoria le parole del suo amico Zoras, che le spiegava come alcuni uccelli abbiano una forte memoria visiva. 

Lisa, presa dalla musica, dalla fretta e dai suoi pensieri non si accorge che l’uccello non se n’è immediatamente andato via ma, in segno di gratitudine, ha fatto due giri sopra la sua figura ed ora la segue andarsene da molto in alto.

Mario ama i rapaci. 

Mario continua a guardare, dal finestrino di guida, quel punto in alto che ha fatto due virate molto basse. È di sicuro un rapace, ma non riesce ad identificarlo bene. Troppo in alto e lui non può distrassi troppo dalla guida -“Questa maledetta provinciale è sempre molto trafficata!”- . Ma la sua passione lo porta a voler capire di quale uccello si tratti. Così facendo, non si accorge subito che un furgone davanti sta frenando vistosamente. 

Quando Mario, per qualche attimo, riporta gli occhi sulla strada, meccanicamente le sue mani girano bruscamente il volante verso destra, per portarsi al centro della carreggiata al fine di scongiurare l’impatto con il furgone. 

L’auto non sta correndo a forte velocità, ma è vecchia ed il cambio repentino di corsia di un’auto in senso contrario la costringe a sbandare. Aušra cerca di tenerla sulla strada, ma vedendo arrivare a forte velocità, in senso contrario, il veicolo di Mario, deve lasciar proseguire l’auto verso il bordo per evitare l’impatto devastante. Un forte suono roco, stridente e ripetitivo si spande nell’aria. Mario ora lo riconosce: è un gracchio. Non una, ma più volte si sente, il suo allarmato richiamo.  

In tutta questa confusione, finalmente l’auto di Aušra si ferma a ridosso del parapetto, investendo violentemente una ragazza che corre concentrata sul ciglio della strada in direzione della zona commerciale. 

Lisa non si accorge di nulla, tanto è immersa nella sua musica e nel suo stato di beatitudine. Inutili gli avvertimenti striduli del gracchio nero che l’ha riconosciuta e si ricorda bene di lei. 

Per lei diviene bruscamente tutto buio.

In questo strano viaggio che è la vita, certe coincidenze sembrano mettercela tutta per farci credere al destino.

ZORAS