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Il Selvaggio Blu è un insieme di percorsi che conducono, attraverso il Supramonte di Baunei, da Santa Maria Navarrese a Cala Sisine, nella provincia di Nuoro, in Sardegna. Percorrere questi antichi sentieri, a tratti appena abbozzati, usati in passato solo dai pastori locali, è un’esperienza unica nel suo genere. Molti li paragonano e confrontano ai più noti trekking: il GR20 in Corsica, il TMB (Giro del Monte Bianco) o il TMR (Giro del Monte Rosa), etc. Ma … dimenticateveli, il confronto per certi aspetti non regge proprio!

Come da titolo, il blu è il colore che domina il campo visivo, mentre il ‘selvaggio’ entra realmente nella pelle con rami irti, caparbi, che cercano di trattenere il passo, con passaggi incerti su rami appoggiati su strapiombi, con discese e salite erte.

Su da un croz, xo da un croz; su da na frana, xo da na frana.

Cit. Matteo

Qui non si trovano segnali che indicano il giusto sentiero; non si trovano Rifugi a fine tappa; non è sufficiente camminare, ma si deve arrampicare, percorrere ‘ferrate’, affrontare passaggi in difficile equilibrio, calarsi in corda doppia da pareti verticali (sino a cinquanta metri), percorrere grotte per passare da un lato all’altro di una falesia. Se guardi dove metti i piedi batti la testa sui rami, se guardi i rami inciampi. Questo è Selvaggio Blu!

Tra predoni del mare e tesori nascosti

Sono molti i luoghi nel mondo in cui si parla di pirati e tesori nascosti…e la Sardegna non fa certo eccezione. L’isola ha conosciuto continue invasioni ed incursioni e nella sua storia la più famosa è quella avvenuta tra il 1015-16 ad opera del temuto pirata Al-Amir Muhajd, passato alle cronache come Museto. Ma la flotta Sarda, assieme alla flotta Spagnola, Genovese e Pontificia ebbero anche a scontrarsi con il temibile corsaro Al-Khair, detto Barbarossa (battaglia di Tunisi anno 1535).

Quale luogo migliore quindi per cercare is scusorgius/iscrixioxius (tesori nascosti) e assecondare ed arricchire la mia passione per i Pirati?

La mia avventura ‘romantica’

La tradizione raccomanda di trattare ed affrontare con particolare cautela simili argomenti e di non lasciarsi mai sfuggire il vero motivo delle domande che si fanno. Questo per evitare la sventura che colpisce chi cerca i tesori ma soprattutto per fare in modo che sia il tesoro a trovare te! Senza incorrere nella malasorte…

GIORNO UNO

Arrivato a Cagliari chiedo ad un tassista locale come si pronuncia is scusorgius / iscrixioxius e con astuzia ed abilità lui fa in modo che le parole le pronunci io, dandomi solo indicazioni sulla correttezza del mio dire e svincolandosi al più presto dalla situazione che gli avevo letto come non proprio gradita.

Di li a poco il cielo diviene nero, plumbeo ed iniziano tuoni e fulmini…

GIORNO DUE

Costituitosi il gruppo di escursioavventurieri, partiamo da Santa Maria Navarrese direzione Pedralonga, per un primo bagno a Forrola dove troviamo però mare grosso e una medusa non amichevole che ha voluto assaggiare una nostra compagna. Feriti, nel fisico e nell’animo, lasciamo perdere il bagno e proseguiamo sull’aerea cengia Giradili verso l’omonima cima attraverso lo scalone di Sos Oggiastros con l’ausilio di tratti attrezzati (ben lontani dalla nostra idea di ‘sentiero attrezzato’!!) e sotto un sole cocente ed umido.

La fatica si fa sentire e la cima sembra non volerci ripagare con un bel cielo terso, ma con nubi e nebbie dispettose.

Poco male, ci aspetta una notte dentro una favola.

L’ovile Us Piggius della famiglia di Battista è infatti un incantevole ovile ristrutturato dove dormire riparati da una notte ventosa (che come ogni notte ventosa regala però limpidezza e la fortuna di ammirare la Via Lattea) e dove mangiare cibi tradizionali e nostrani di rara bontà! Non riesco a trovare una pietanza che non sia stata ‘spettacolare’, di quanto assaporato cito solo il famoso Caso Marzu definito il formaggio coi vermi più pregiato al mondo. Solo questo vale la fatica dell’impegnativa giornata!

GIORNO TRE

Dopo aver lasciato con grande malincuore Battista ed il suo Us Piggius, percorriamo brevemente una carrareccia che presto si abbandona per il mondo di ‘Narnia’: rovi pungenti, tunnel di corbezzolo, lecci ed olivastri spesso ad altezza nuca (ma è presto per mettere il caschetto), sentiero su lame di calcare tagliente su cui è vietato scivolare, qualche capra sarda con pelo lungo e corna ritorte e qualche maiale sardo (simile al cinghiale) coronano una giornata per lo più defaticante, quasi sempre in discesa, sino alla splendida insenatura di Porto Pedrosu. Tra il guardare dove mettere piede o testa, il paesaggio è sfumato velocemente, con la consapevolezza che senza la presenza di chi conosce il territorio ed il percorso da lì non ne sarei mai uscito!

Porto Pedrosu: è ora di fare il bagno in questa fantastica insenatura sarda! Via velocemente il completo da escursionista e su il completo da bagnante; una leggera corsetta verso il bagnasciuga per una rapida frenata a pelo d’acqua! L’acqua cristallina è purtroppo infestata di piccole meduse. Impossibile fare il bagno senza venire a contatto con la loro elettrizzante carezza. Dietrofront e per ripicca stasera si magia pesce.

Sdraiato sotto il cielo di stelle rifletto ed unisco i fatti: niente bagno sulla prima spiaggia, niente bagno sulla seconda splendida insenatura, salita con caldo umido e cima con nebbia e nubi…che sia la maledizione del cercatore di tesori e per quelle parole pronunciate infaustamente a Cagliari? Che mi sia preso la malasorte!?

GIORNO QUATTRO

Ne sono certo, ho attirato su di me la malasorte: ho la febbre…

Per me questa sarà la tappa più impegnativa, per fortuna il cielo è coperto, non fa troppo caldo e l’aria è un po’ fresca. Si sale in quota sino a Punta Salinas (il punto più panoramico del Selvaggio Blu). Arrivo in condizioni pietose e cedo alla medicina che in discesa dà il suo contributo facendomi arrivare a Cala Goloritzé (Patrimonio dell’Unesco) in condizioni da permettermi un breve bagno prima dell’arrivo della pioggia. Della tappa ricordo poco, concentrato su ogni piccolo passo da fare per salire quel GPM.

Trasferimento in gommone a Cala Mariolu dove ceneremo sotto la pioggia. Decido di non vedere le stelle coprendo il mio giaciglio con un telo contro eventuale vento e pioggia, sperando di passare una notte riposante e di riflettere sulla mia ricerca dei tesori dell’Isola (visto che anche oggi il bagno è praticamente saltato per la pioggia che poi non ci ha abbandonato tanto presto).

GIORNO CINQUE

So che mi attende la prima tappa ‘alpinistica’. La notte è stata uno sfogo febbrile ed un dialogo con gli spiriti per trovare con loro un compromesso…la febbre aiuta in questo ;-).

Ho pattuito la mia assenza di interesse per qualsiasi altra cosa che non sia arrampicare, calarmi nel vuoto, fare equilibrismo su scale intrecciate di ginepro, nuotare su acque cristalline, percorrere grotte buie e boschi sospesi. Pace fatta!

La giornata è particolarmente intensa e piena di emozioni. Direi la più bella di tutto il Selvaggio Blu. Stupende scale di ginepro per raggiungere la punta di Serra ‘e Lattone, una calata direttamente nell’acqua cristallina, una calata mozzafiato di 45 metri completamente sospesi nel vuoto, passaggi di arrampicata e fievoli creste per poi scendere attraverso una lunga buia grotta verso le ultime calate (anch’esse lunghe) per arrivare alla famosa e turistica Grotta del Fico, dove dormiamo sul suo pontile tra roccia, acqua e stelle. Siamo solo noi (Vasco docet), nessun turista, solo due gatti a guardia del luogo. Il cancello della grotta è aperto e visitarla, solo con la luce delle frontali (senza la luce artificiale delle grandi lampade ‘turistiche’) e la fortuna di avere una speleologa nel gruppo che ci illustra le sue bellezze, è affascinante ed istruttivo (e se ho prenotato una successiva esperienza in grotta con lei, vuol dire che è stata brava e coinvolgente!).

Dopo una cena di pesce e poi di carne, oggi tocca alla pasta! Gli spiriti sembrano essersi acquietati suggellando la ritrovata pace con uno splendido arcobaleno di fronte al nostro ‘albergo’. Comincio a tornare in forze.

GIORNO SEI

Finalmente il mio stato fisico e l’umore sono buoni; forse perché la tappa parte subito con un traverso adrenalinico, bagnato dalla presenza di una leggera pioggerella, sugli scogli a picco sul mare, per poi entrare in una grotta ed uscire oltre gli scogli ed iniziare la salita a Olobizzi. Fischietto il mio solito motivo ‘del buon umore’ lasciando che il sentiero comodo ed il paesaggio mi riempiano l’anima. Lo splendido momento viene coronato da una calata nel vuoto di 40 metri direttamente sulla spiaggia di Cala Biriola.

La spiaggia è di una bellezza indescrivibile: è formata da ‘uova di sasso’ bianchi, l’acqua è turchese, non piove, non ci sono meduse, il sole scalda e giovani bagnanti bionde arrivate in gommone sorseggiano una birra: che sia il paradiso?!

L’inferno giunge con la successiva risalita sotto il solleone su sentiero decisamente extreme; ma che gusto c’è a godere di una cosa se non la si è ‘conquistata’ con la fatica?

Si riprende il sentiero percorrendo i boschi di Orronnoro e si attraversa una gigantesca frana cosparsa di ‘cristalli di rocca’ e cespugli dal profumo dolce di caramelle. Gli spiriti si sono decisamente placati e gli ultimi passaggi di arrampicata e di calata mi riempiono di quella felicita infantile tipica dei giorni belli e spensierati.

Ma come è tutto finito?!

La spiaggia di Sisine ed il gommone che ci sta aspettando segnano la fine di un bellissimo ‘viaggio’. Un viaggio selvaggio ed avventuroso, un sogno che si è avverato dal nome: Selvaggio Blu.

Il rientro in gommone a Santa Maria Navarrese, rivedendo come un rewind a rallentatore tutto il percorso fatto, le scogliere attraversate su e giù, i sentieri al limite del calpestatile e le calate fatte, è la ciliegina sulla torta.

DECALOGO DI SOPRAVVIVENZA PER L’ASPIRANTE ‘TREKKER SELVAGGIO’:

La natura selvaggia non è un lusso, ma una necessità dello spirito.

Edward abbey
  • 1) Le montagne Sarde sono formate da rocce antiche e modellate da un lento e costante processo di erosione (ben visibile durante il percorso) iniziato più di 5000 anni fa: tratta con il dovuto rispetto queste anziane signore.
  • 2) Rassegnati a non capire ciò che ti stanno dicendo, il sardo è una lingua che non ha nulla a che fare con quella delle tue origini, qualunque esse siano (a volte anche se isolane).
  • 3) Le indicazioni dei sentieri ci sono, sei tu che per i primi giorni non riesci a vederle; poi i rametti rotti, il fango sulle pietraie, alcuni sassi non buttati li a caso o ben inseriti trai i rami, saranno un libro aperto e non ti servirà più l’esperto del percorso (ci credi?).
  • 4) Preparati a sguardi sorpresi e curiosi quando scenderai dall’alto sulle spiagge.
  • 5) Non preoccuparti se non trovi subito il caldo, arriva, preparati!
  • 6) Se decidi di portare con te un cane, sappi che potrebbe lui d’iniziativa abbandonarti, gli animali hanno uno spiccato senso di sopravvivenza.
  • 7) Se a fine giornata avrai braccia e gambe graffiate, non preoccuparti, è del tutto normale!
  • 8) Esiste ancora un luogo in Italia privo di copertura telefonica/cellulare…te ne accorgerai quando la sera andrai in astinenza da Facebook e/o Instagram (da inserire quindi nei percorsi di disintossicazione da web).
  • 9) I colori che ti rimarranno impressi dentro saranno l’azzurro del cielo, le sfumature turchesi e smeraldo dell’acqua e il colore sabbia acceso … del Casu Marzu (sempre se avrai il coraggio di assaggiarlo).
  • 10) Pecore: ovunque tu andrai, sulle pareti più impervie e le cime più amene, un paio di loro saranno già li a fissarti o di sicuro troverai i segni del loro passaggio. Beeeeeeh!

Postfazione

Il Selvaggio Blu è un’esperienza intensa. Ognuno la vive con il suo bagaglio di esperienza e di cultura. Volutamente non ho indicato pedissequamente il percorso seguito perché, per godere appieno dei luoghi, forse è meglio eliminare lo stress di seguire un tracciato con lo sguardo sempre sulla mappa del telefonino o del GPS ed affidarsi a chi lo conosce bene, anche nelle sue varianti più belle, adrenaliniche ed emozionanti. L’esperienza ovviamente è condizionata dal meteo, caldo o pioggia, possono aumentarne o diminuirne le difficoltà (e non di poco!). Consiglio anche di preferire la composizione di gruppi piccoli. Questo per ridurre i tempi morti di attesa nelle varie calate, per essere veloci e poter superare i gruppi numerosi (più tempo recuperi meglio è per il riposo, per patire meno caldo e/o per vedere altri scorci ‘fuori itinerario’) oltre che per l’ovvia flessibilità nelle decisioni.

Io ho scelto di appoggiarmi alla Guida UIAGM Patrick Gasperini delle Aquile di San Martino.

Infine, sappi che le spiagge di questo percorso sono prive di sabbia, ecco perché fare il bagno e ripartire poco dopo è semplice (niente sabbia nei calzini che può danneggiarti col formare le vesciche) e ricorda anche che dopo una notte stellata, la mattina il clima non è freddo come solitamente in montagna, ma si esce dal sacco a pelo senza alcun stress termico!

Quindi, cosa vuoi di più, cosa aspetti, l’orologio della vita fa tic tac…

VIDEO: https://youtu.be/cv6IrtlORVM

Sono disponibile per qualsiasi info con il format che trovi in Home Page o attraverso i commenti sotto all’articolo.

Dislivello positivo (assolutamente indicativo visto la varietà delle possibilità e combinazioni) : 3400 metri

Lunghezza (anche questa assolutamente indicativa): 55,000 km

Compagni d’avventura: Eporex, Mary, Matteo, Marita, Laura, Paula, Renate – foto e Guida Patrick